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Timelapse Aurora – In Defeat, I See the Future

Timelapse Aurora

In Defeat, I See the Future

I Timelapse Aurora sono un trio sofisticato italiano, il loro timbro prettamente post rock inoltra passaggi taglienti verso una sensazione atmosferica, abbandonando la mente in uno spazio lontano.

La band nasce a Milano, con una forte passione per i viaggi interstellari e le galassie nascoste,  creando un percorso prezioso e sperimentale grazie anche all’apporto di elementi futuristici e distorsioni d’impatto. In questo nuovo album dal titolo In Defeat, I See the Future, prodotto e distribuito dalla label americana Eternal Colossus Records, il  gruppo inserisce un tassello fondamentale sulla scena indipendente di questo genere, spesso difficile da apprendere ma senza dubbio di una qualità incredibile.

Le sfumature infine ampie dei sintetizzatori e i loop temporali, sono un elemento unico e creativo di questo lavoro.

Il segnale d’apertura “Gravity Assist” esplora un monologo spaziale e un’imminente collisione in arrivo, collegando l’arpeggio graffiante della seguente “From Mars to Jupiter”. Una canzone che a piccoli passi si fa strada in una tematica coinvolgente e autentica, dove la distorsione si fa sempre più minacciosa e incastra la ritmica solida della batteria. Sul bridge il passaggio lunare della chitarra lascia un gusto particolare e soffice alla struttura.

Nell’attimo conclusivo poi la distorsione si prende la scena, con un balzo gonfio di personalità.

“Fearless” invece è una composizione sinfonica e ben strutturata, che presenta una lunga durata e avvia un meccanismo leggero nella parte iniziale. Il riff potente della chitarra poi accende un ritornello caloroso di stampo post metal, chiudendo la prima parte del brano in un emozione infernale e soffocando i pensieri di un viaggiatore. Dopo la furia carismatica, arriva una seconda parte più dolce con un passaggio stupendo che abbraccia una vibrazione diversa nella canzone, fino ad esaurirsi in un travolgente epilogo.

Con “Alone in the Great Red Spot” ci culliamo in modo sensibile in un altro monologo, avvolto da una voce femminile ipnotica, che invita l’arpeggio giocoso di “Surface Tension”.

Una traccia pesante e suggestiva, con l’insieme di distorsioni feroci che ballano alla grande in un gioco riflessivo e malinconico. Il risultato è un eccellente vortice magnetico di suoni. Ci avviciniamo alla fine con l’ultimo trittico di brani, iniziando dalla breve “Magnetosphere” e l’ultimo monologo rappresentativo, per poi passare ad un’altra monumentale suite “Adrastea | Metis”. Uno dei brani più belli e riusciti di questo disco, con una batteria decisa e d’impatto. Sulla ritmica si nota il grande sostegno tecnico e preciso del gruppo, per un risultato unico e di spessore. La fine viene affidata a “Collapse | Disintegration” e un audace trionfo finale, verso una nuova scoperta lucente e sognante.

I Timelapse Aurora si confermano sul panorama musicale attuale, con un geniale e meraviglioso album, colorando un risultato ricco di fantasie ricercate, che accarezza un sentimento sempre più vivo. 

VOTO: 7,5 


Timelapse Aurora – In Defeat, I See the Future

Music Composed By Timelapse Aurora

Recorded & Mixed at Trai Studio by Fabio Intraina
Mastered at La Maestà Studio by Giovanni Versari

Released by Eternal Colossus Records

 

Timelapse Aurora are:

Riccardo Ghezzi – Guitars, Synthesizers
Luca Trotta – Drums
Giulio Corbelli – Bass, Synthesizers

Special Guest: Kay Rush – Spoken word 


Link Utili:

° Bandpage Facebook: https://www.facebook.com/timelapseaurora

° Bandcamp: https://timelapseaurora.bandcamp.com/music 

 

Simone – Postrock

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Sulcus – Mondo Cargo 2041 

Sulcus
Mondo Cargo 2041
I Sulcus sono un progetto stravagante e complesso, questo disco può risultare difficile da apprendere e necessita un ascolto attento e prolungato. Nonostante questo al suo interno ci sono diversi segreti da scoprire.

I Sulcus sono un collettivo strumentale interessante, il loro sound affonda le radici nel panorama post rock, con varie sfumature ambient a tratti progressive. La band nasce nel 2013 a San Diego come quartetto, la particolarità del gruppo e che i suoi musicisti provengono da diverse nazionalità ed esperienze musicali di nicchia, basti pensare che troviamo due italiani di Vicenza, uno svizzero e un americano del New Hampshire. La loro cultura musicale visiva incastra a dovere le sonorità struggenti e silenziose, che prendono piede nei loro brani in modo surreale. Il gruppo attualmente è in attività come trio e in questo nuovo album in studio dal titolo suggestivo Mondo Cargo 2041, che prende spunto dalle navi da carico per il trasporto di merci, si esplora una produzione solida e di grande impatto sonoro, trascinando l’ascoltatore in un percorso morbido e dinamico, da gustare con attenzione.

Con il capitolo iniziale “Neural Interval” si da il via libera a un inizio leggero e silenzioso, a piccoli passi poi si avvicina un arpeggio limpido e carismatico, che apre un vortice di mistero e solitudine, fino a chiudersi in una melodia dormiente che completa la traccia.

La seguente “Beta Testing the Apocalypse” è un brano che avvia un suono inquietante in lontananza e dall’oscurità abbraccia un monologo distorto e dissonante, con una voce registrata e amplificata da una realtà nascosta. Il lento tocco della chitarra poi unisce i rumori di fondo, che troviamo anche nella parte iniziale di “The Construct”. Qui il tintinnio scintillante del pianoforte, avvia un’emozione malinconica, lasciando le parole ripetitive che fanno da loop temporale al brano, esplorando un passaggio confuso.

“Antenna Totems I” è il primo passaggio di una composizione, che esprime al meglio l’idea generica del gruppo, lasciando diversi versi sovra incisi, rumori macchinosi e uno spezzone live concert di un’esibizione. “Pyres of Tyres” invece è uno dei brani più lunghi di quest’opera, dove l’oscurità e il viaggio grottesco torna a farsi sentire, qui riusciamo a captare poco e il risultato è un tappeto di suoni polverosi e stravaganti. “Sheltered Distance” è decisamente una delle canzoni più riuscite e orecchiabili, dove il gruppo grazie al supporto importante del chitarrista e il timbro magico del pianoforte, mette in luce una sensazionale suite da brividi.

L’album si conclude con la seconda parte di “Antenna Totems II”, racchiudendo un’altra produzione dal vivo, dove si riesce ad ascoltare una leggera linea vocale.

I Sulcus sono un progetto stravagante e complesso, questo disco può risultare difficile da apprendere e necessita un ascolto attento e prolungato. Nonostante questo al suo interno ci sono diversi segreti da scoprire. 


VOTO: 6

Sulcus – Mondo Cargo 2041

Music Composed By Sulcus

Recorded and produced in the San Diego area and southern Ontario region

Mixed and Mastered By 1NTERFACE


Link Utili: 


° Facebook: https://www.facebook.com/Sulcus1 

° Bandcamp: https://sulcus00.bandcamp.com/album/mondo-cargo-2041 

 

Simone – Postrock

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There Are Ghosts – Anima 

There Are Ghosts
Anima 
There Are Ghosts è una creatura originale da tenere d’occhio, in questo primo capitolo è difficile dare un giudizio lucido e completo, ma ci lascia ben sperare nel futuro per qualcosa di incredibile.

Il musicista carismatico Marcello Saponaro, fa il suo esordio discografico con un Ep dolce e personale dal titolo Anima. Il suo percorso musicale inizia nel 2013 a Francavilla Fontana, un piccolo comune pugliese in provincia di Brindisi, con un gruppo di musicisti notevoli, che insieme alla sua mente soffice e visionaria, intraprendono un viaggio simbolico e entusiasmante. Lo scorso anno pubblica il suo primo singolo “Fantasma”, sotto il nome d’arte There Are Ghosts, un brano che sarà il segnale portante di questo primo lavoro in studio. Nelle sei tracce si racchiude tutto il bagaglio sentimentale e emozionante dell’artista, toccando attimi di vita che cullano racconti del passato, per un incantevole mosaico d’altri tempi.

Infine il sound spinge forte sulle distorsioni dal timbro post rock e sfumature ambient, che risuonano nell’aria in una sensazione accogliente e matura.

L’apertura breve e silenziosa di “L’Estate(Prologo)” disegna un passaggio sensibile della chitarra, con un arpeggio magico e sensuale. Segue il monologo recitato di “Fantasma” con quel tocco vibrante e confortevole nel sottofondo, qui la linea melodica della chitarra accoglie un limbo sospeso del pianoforte e il basso che lentamente si fa strada in una piccola carezza.

Lo stile prettamente Mogwai, fa un balzo in avanti incontrando una distorsione sfuggente e le percussioni gonfie di personalità, fino a chiudersi in maniera energica nel finale ricco di significato, dove si capta una tromba suggestiva e una vibrazione quasi drammatica.

“La vita di Steiner” invece è una canzone eccellente, con una buona dose di malinconia e un feedback oscuro e ipnotico.

Il tocco pulsante dei pad avviano una sensazione lunare e interiore, per poi spegnersi nel silenzioso pianoforte armonico. Uno dei brani più completi e magnetici di quest’opera. La title track “Anima” è una composizione incredibile, con quel soffio intenso e melodico, che si spalma a dovere in un esecuzione da brividi, esplorando una poetica e fragile sinfonia. Prima di chiudere ci soffermiamo sulla ripresa di “La Vita di Steiner(Versione Piano)” questa volta con il solo strumento del piano che viene messo al centro di tutto, colorando un’atmosfera unica. Chiudiamo con il gran finale in “L’Inverno(Epilogo), una traccia lineare che sussurra un passaggio calmo e caloroso, per una degna conclusione.

There Are Ghosts è una creatura originale da tenere d’occhio, in questo primo capitolo è difficile dare un giudizio lucido e completo, ma ci lascia ben sperare nel futuro per qualcosa di incredibile. 

VOTO: 7


There Are Ghosts – Anima

Music Composed By Marcello Saponaro 

Recorded at Temple of Noise 


Link Utili:

° Spotify: https://open.spotify.com/artist/55dQhStukKYR1f8cTq9Ax2
 

Simone – Postrock

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Il Giardino Degli Specchi – Monstrum

Il Giardino Degli Specchi
Monstrum
Il collettivo post rock Il Giardino Degli Specchi, nasce a Roma nel 2015 sotto un’aura luminosa e narrativa, i loro attimi intensi e introspettivi, prendono forma in suite strumentali rocciose con un largo punto di vista sensibile e visionario.

Dopo l’esordio interessante “Oltremare”, la band cambia modo di scrivere e si avvicina a tematiche più personali, con sfumature progressive, che si agitano come schegge impazzite nel nuovo lavoro in studio, dal titolo Monstrum. La prima sensazione che notiamo al primo ascolto, è la grande tecnica musicale e culturale raggiunta dal gruppo, accumulata in questi anni e nonostante l’ultimo cambio repentino nella sezione ritmica, riesce ugualmente a trasmettere quella sensazione unica e originale, completando l’ultimo tassello mancante, che la band romana  rincorre in modo naturale. 

Con l’iniziale “Le Parole Mai Dette” si esprime al meglio un percorso concettuale e malinconico, nel dolce tocco della chitarra che incastra la batteria decisa e ben strutturata. Nella parte centrale poi il potente appiglio energico della ritmica, sprigiona una violenza inaudita, con un tiro post metal fluido e creativo. La seguente “Distanze” disegna un piccolo momento di tristezza, che culla un confortevole e stupendo arpeggio, insieme a un assaggio di synth, che bagna intensamente la struttura.

Le percussioni innalzano un emozione travolgente, che narra una storia morbida e sentimentale, fino ad esplodere nel ritornello corposo di una distorsione eterna. Una composizione molto lunga, che comunica una straordinaria vibrazione nella nostra mente. 

“Pripyat” invece è uno dei primi singoli rilasciati e senza dubbio uno dei brani più completi del disco. L’inizio leggero mette in mostra un delay spaziale che ci trascina in un limbo surreale, con un ampio raggio di suoni stellari e una febbrile atmosfera mozzafiato. Infine il ruggito finale della distorsione, capitanata alla perfezione dal frontman Valerio, spazza via i brutti pensieri in un emblematica esplosione aggressiva. Sulle note di “Orso Nero” si narra un intimo e soffuso gioco tribale, che al rilento collega l’ossessiva “Kaiju”, una canzone stravagante e frenetica con un rombo pesante del sintetizzatore e il pattern rumoroso delle chitarre.

Il bridge notevole aziona un pattern elettronico, che rimbalza in un infinito e caloroso viaggio progressive metal. 

Con “Supernova” torniamo a respirare un’aria raggiante, su un giro profondo di basso. In questa traccia captiamo anche un pianoforte in sottofondo, che si prepara al colpo definitivo dei riff dissonanti in chiusura, per un impatto devastante. L’ultimo trittico di brani collegano l’opera calma di “You Have Come A Long Way”, avvolgendo con estrema qualità un istante dormiente e soffice, per poi passare al sound sotterraneo di “05/09” ricco di spunti incredibili. Chiudiamo con la dolcezza sognante di “Longinus” per abbracciare un camaleontico orizzonte immaginario. 

Monstrum è un album importante, con una particolare attenzione verso gli elementi più tecnici e spirituali, che fanno del gruppo gli elementi unici e indelebili della loro carriera. 

VOTO: 7

Il Giardino Degli Specchi – Monstrum 

Music Composed By Il Giardino Degli Specchi 

Recorded at Boiler Studio, Rome.
Mastered at Plätlin Mastering.

Artwork by Elisa Urbinati.

Il Giardino Degli Specchi are: 

Valerio – guitars, bass, synths
Marco . guitars, synths
Luca – Drums and percussions 

 

Link Utili:

° Spotify: https://open.spotify.com/artist/20ftPqYNYr79uuQF6XfWA6 

° Bandcamp: https://ilgiardinodeglispecchi.bandcamp.com/album

° Bandpage Facebook: https://www.facebook.com/ilgiardinodeglispecchi 

 

Simone – Postrock

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Vera Di Lecce – Altar of Love

Vera Di Lecce
 Altar of Love
La sensualità e sperimentazione lunare, si fonde nel percorso personale di Vera Di Lecce, una cantante, producer carismatica pugliese, di base a Roma.

Il suo bagaglio sonoro e tradizionale inizia i primi passi dal mondo culturale teatrale, dove le narrazioni di nicchia si uniscono alla grande personalità musicale dell’artista e vede la luce nel suo progetto solista nel 2012. La scrittura dei testi in inglese poi, aumenta il valore autentico e geniale dei brani, unendo i diversi elementi visionari come synth e percussioni, che oscillano in un paesaggio mistico e audace. Il sound che ne viene fuori è prettamente pop tradizionale e sfiora le tematiche elettroniche in modo eccellente, fino ad evolversi durante le performance live, ricche di suggestione, che prendono piede in un giocoso tocco orchestrale. Il secondo album Altar of Love prodotto per la label italiana Niafunken è il degno successore di “29 Seconds”.

In questo lavoro viene messo come sempre al primo piano la voce, come strumento fondamentale, ed esplora una danza collettiva e entusiasmante, che si conclude come un atto di coraggio e sentimento.

“Painfall” apre il disco su una cantilena ripetitiva, che si immerge nel vuoto cosmico di un ritmo giapponese eseguito dalle percussioni, la tematica del brano poi si sporca di una sperimentazione ricercata, fino ad avvolgere la linea vocale calda e sensuale. Nelle sue note notiamo tutto il dolore represso e una consapevolezza, che sia l’unica forma per liberarsi dal problema. Segue “Shellbone” e la sua marcia martellante dei tamburi, per sospirare in un vortice furioso che insegue parole grottesche all’interno di un tappeto electro-noise da brividi. Il tocco distorto della voce, si regge su un’atmosfera di qualità irregolare, creando una sensazione inquietante di paura. Il percorso continua sulla drum-machine accogliente di “The Truth” per una canzone breve e leggera. 

“Jenome” invece innalza il livello concettuale del disco, sotto una vibrazione ossessiva della loop corposa, che si spinge in un tiro magnetico e caloroso, lasciando una traccia strumentale notevole.

La litania infantile di “Cantroll” conclude la prima parte impegnativa di questo lavoro, su un brillante episodio di voci bianche, che questa volta trasmettono un accento di stupore.

“Sorry” avvia una malinconica e dormiente fantasia, con le emblematiche sinfonie di un synth chiuso e abbandonato in un luogo senza vita. Un’esperienza a tratti mistica, che disturba l’ascolto durante il suo passaggio, ma mantiene un timbro sofisticato. Prima di chiudere l’album, una buona e macchinosa parte viene catturata dalla metamorfosi raggiunta in “The Phoenix”, un’ennesima opera vibrante e atmosferica che toglie il respiro e ci tocca nel profondo. La fine arriva con la title track “Altar of Love” su un gesto d’amore interiore, per una poetica esibizione morbida e simbolica.

L’artista mette in luce una produzione gonfia e ipnotica, esplorando un rituale elettronico che tocca diversi spunti suggestivi di grande e immenso gusto musicale. 

 

VOTO: 7,5

Niafunken

Written, produced, and recorded by Vera Di Lecce
Mixed and mastered by Paolo Panella
Artwork by Giacomo Merchich

Link Utili:

° Spotify: https://open.spotify.com/artist/2J86M7FAdzuVVYL5IMJYZZ

° Bandpage Facebook: https://www.facebook.com/veradilecce 

 

Simone – Postrock

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Umberto Ti – La Casa Sulla Sabbia

Umberto Ti

La Casa Sulla Sabbia

Un disco ben fatto racchiuso in una produzione attenta, che si materializza passo dopo passo in un tappeto di suoni precisi e spensierati.  

Umberto Ti è un cantautore e musicista sperimentale, che da il suo forte contributo alla scena musicale indipendente da diversi anni. Il suo cammino nasce a Padova, con un bagaglio sofisticato e malinconico di melodie ricercate, il sound delicato poi va verso direzioni sospese in un tempo intimo e autentico, il tutto si completa con dei testi magnetici ricchi di significato, per un percorso solido e originale. Dopo la pubblicazione di due Ep e un album Alaska nel 2018, il musicista continua la sua narrazione dolce e armoniosa, con un nuovo capitolo.

La Casa Sulla Sabbia” prodotto per la label New Model, si presenta con una storia di dieci tracce simboliche e notevoli, dove Umberto viaggia su corde sentimentali e l’insieme di liriche nuove, accompagnate da una band accogliente, che si spalma sul genere prettamente rock.

Il risultato accende la fantasia dell’ascoltatore, su un timbro personale e attuale, che attraversa diverse storie interessanti.

Un feedback in lontananza apre la ritmica corposa di “Bruciano i Partiti”, il brano di apertura poetico e di protesta. Sul basso ipnotico si avvia un emozione importante, che trasmette la giusta vibrazione morbida. Segue il tempo diretto sulle note sensibili in “Occhi Pieni di Sole”, qui troviamo un violino struggente, che incastra la linea vocale stile Negrita, cavalcando un’onda magica e un groove mozzafiato, una composizione leggera a tratti drammatica. Poi è il turno del singolo e title track “La Casa Sulla Sabbia”, una ritmica ampia e carismatica fa capolino dietro un testo sensuale, che cerca conforto in un mondo disorientato e inghiottisce lentamente i nostri passi.

Una canzone stupenda, che ci invita a credere alle cose impossibili, creando una metafora audace e meticolosa.

Le seguenti “Hey Ragazzo” e “Polvere di Guerra” invece, mettono in risalto la qualità dinamica del musicista, che lascia un appiglio graffiante con la sua chitarra e collega la sua forte sperimentazione verso il folk e il country, chiudendo le opere su testi innovativi e leggeri.

Con “Fuorilegge” poi si torna a spingere verso un rock energico, che esplode sul passaggio orchestrale del sassofono e cambia forma nella carica potente del finale. “Hai Imparato a Perdonare” racchiude un sentimento sognante, custodito nel cuore e sprigiona la sua purezza sul solo contagioso della chitarra, pizzicando un’opera ben costruita, la più completa.

Prima di chiudere, ci soffermiamo sul trittico finale di brani, che si lascia andare come una piuma invisibile nel tiro di “Il Confine”, una traccia semplice e lineare, per poi passare al brano più complesso di questo lavoro “La Faccia Che Hai”.

Una canzone geniale e travolgente, che scorre in modo godibile nonostante ci sia un vortice pazzesco di tecnica e passaggi virtuosi al suo interno.

La chiusura viene affidata al pianoforte eccellente e silenzioso di “Sangue Misto”, lasciando un segnale forte all’umanità per una poesia sincera e incantevole.

Un disco ben fatto racchiuso in una produzione attenta, che si materializza passo dopo passo in un tappeto di suoni precisi e spensierati. 

 

VOTO: 6,5

Umberto Ti – La Casa Sulla Sabbia(2022)

New Model Label

Music composed by Umberto Tramonte

Link Utili:

° Spotify: https://open.spotify.com/artist/23JqEvIzWZuBztwM37WOLT

° Facebook: https://www.facebook.com/TramonteUmberto
 

Simone – Postrock

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Marco Bonvicini – Wild Silence

Marco Bonvicini

Wild Silence

Marco Bonvicini è un cantautore e musicista di spessore, autore e interprete bolognese di rilievo sulla scena musicale italiana indipendente.

Il suo mondo disegna un cammino notevole, fatto di parole e racconti, che rispecchiano il nostro stile di vita, nei suoi diversi stati d’animo. Nell’arco della sua carriera, riceve enormi riscontri, esplorando emozioni importanti e struggenti.

In quest’ultimo singolo “Wild Silence” si affronta con grande qualità l’impatto visivo sulla natura e tutte le problematiche che ha portanto la pandemia, creando una soffice sinfonia che attraversa la vita quotidiana e la routine di tutti i giorni, a colorare questo capitolo notiamo la piacevole collaborazione, della cantante Aurora Cucaro

La composizione inizia in maniera leggera, addormentati da una vibrazione dolce e sognante, l’arpeggio di chitarra in sottofondo illustra un sentimento unico e indelebile, per poi accogliere il tocco neoclassico del piano.

Nel secondo passaggio la canzone aumenta d’intensità, pur reggendo il sentimento morbido e malinconico, qui la voce di Aurora cambia la tematica del brano, portando quella qualità orchestrale da brividi. Sulla parte finale l’opera si completa, su un piccolo accenno distorto, che arriva da dentro l’anima e affonda i pensieri in una situazione matura e melodica, chiudendo una suite semplice e dinamica.

Il cantautore descrive attimi intensi di una vita silenziosa che ci circonda, ed abbraccia una traccia sensibile e piacevole. 

VOTO: 7

Marco Bonvicini – Wild Silence

New Model Label

Music & Lyrics: Marco Bonvicini 

Special Guest: Alice Cucaro


Link Utili:

° Bandpage Facebook:  https://www.facebook.com/MarcoBonviciniMusic/

° Soundcloud:  https://soundcloud.com/marco-bonvicini/

° YouTube:  https://youtube.com/c/MarcoBonviciniMusic

° Spotify:  https://spoti.fi/357vs68
 

Simone – Postrock

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Radar 5:11 – (C)lose

Radar 5:11

(C)lose

I Radar 5:11 mettono su questo interessante gioiello, fatto di strutture sentimentali, che orientano il percorso verso una produzione dolce e unica.

I Radar 5:11 sono una band post rock notevole, nata a Carpi in provincia di Modena nel 2017. Il loro mondo soffuso e emblematico, innalza delle atmosfere sonore ricercate, creando una specie di concept suggestivo, dove all’interno si narrano storie di fantasia, per danzare in modo delicato sopra lussuose emozioni. Il sound principale prende spunto dal post rock classico, per poi mutare nei diversi sotto generi più enigmatici e sperimentali.

In questo secondo Ep in studio (C)lose, viene racchiuso tutto il lavoro, dell’ultimo periodo dovuto alla pandemia e tutta la situazione surreale, che ognuno di noi ha vissuto sulla propria pelle. Nelle quattro tracce preziose, si esplora un sentimentale passaggio sognante e di qualità.

“Wad” apre le danze di questa produzione, con la giusta sensazione misteriosa, mettendo in luce una figura adolescente in un luogo dormiente e immaginario. Il loop temporale delle chitarre, si incastra al delay stupendo, per poi lanciarsi in un oblio geniale e una ritmica malinconica.

Un brano incredibile, che si regge su un tempo preciso e personale, lasciando quel brivido travolgente e  abbraccia l’ingresso di una distorsione tagliente.

Segue il crescendo maturo e dinamico di “Growing Chains”, l’unica canzone con un piccolo monologo cantato, che si contorce come una strana creatura affamata di vita, sopra una ritmica veloce, ricca di tecnica e infine a brevi intervalli esplode in una cavalcata furiosa e rumorosa, chiudendosi a riccio nel finale silenzioso.

“Acab” invece è una composizione che viaggia alla ricerca del nostro io più nascosto, sfuggendo a una realtà dura da affrontare e si culla in una storia quotidiana, senza mai mollare.

Il brano inizia con un segnale delicato e melodico, per poi colorarsi d’immenso con una sfumatura struggente, che si abbandona al riff portante e si arresta sul battito impulsivo e caloroso. 

La fine di questa piccola opera viene affidata a “Hopes of Tomorrow”, con un basso ipnotico che incastra il rullante sospeso della batteria. Una traccia che trasmette quella speranza perduta, in una malinconia libera e leggera.

I Radar 5:11 mettono su questo interessante gioiello, fatto di strutture sentimentali, che orientano il percorso verso una produzione dolce e unica. 

VOTO: 7,5

Radar 5:11 – (C)lose

Music Composed by Radar 5:11

Recorded at The Groundfloor Studio 

By Davide Bombanella

Artwork By Pierpe

 

Radar 5:11 are: 


Pietro Guerzoni: guitars

Marco Bulgarelli: guitars

Emanuele Dallari: bass

Stefano Zona: bass

Jacopo Bassoli: drums


Link Utili: 


° Spotify: https://open.spotify.com/artist/3QpBgMui7uD9BnoRtdgGS1 

° Bandcamp: https://radar511.bandcamp.com/ 

° Bandpage Facebook: https://www.facebook.com/r4d4r511 

 

Simone – Postrock

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Brown and the Cosmonauts – Flow

Brown and the cosmonauts

Flow

La band emergente si riconferma come una delle piccole grandi scoperte dell’anno, proponendo un nuovo singolo denso di ambientazioni e colori. Un piccolo capolavoro nostrano che dovrebbe trovarsi nella playlist di ogni amante del Postrock.

Loro sono solo in tre, ma sembrano in dieci. Per chi segue Postrock.it, abbiamo recentemente avuto il piacere di fare la conoscenza dei Brown and the Cosmonauts grazie al loro precedente singolo (Helioscope), che per l’occasione abbiamo recensito. Se vi interessa, potete dare un’occhiata a questo link.

Il brano è tanto breve quanto intenso. Racchiude tutta la sua malinconia in 3:07.

Proprio per la sua durata, in netto contrasto con lo stile sognante e caldo caratteristico di brani solitamente molto lunghi e articolati, lo consideriamo un piccolo gioiellino, un bagliore nell’universo della musica nostrana, che ci dimostra come anche il Postrock si stia evolvendo raggiungendo nuove spiagge e nuovi orizzonti.

All’interno di Flow troviamo tutto. Voci armoniche risuonano nell’etere, accompagnate da pattern ritmici estremamente diretti e concisi.

Chitarra e basso giocano tra di loro con estrema cura e attenzione, soppensando attentamente effetti e melodie, dandoci quasi la sensazione che la voce all’interno del brano si un “di più”.

La dolcezza del suono di chitarra è un pò la firma del nuovo singolo, e infatti ci accompagna per tutta la durata del brano, senza mai lasciare respiro, calma ma costante.

Un singolo dal sound grezzo, pieno di sè, a partire dal titolo e prosegundo con la tonnellata di immagini che ci suscita all’ascolto. Un progetto originale, bello da ascoltare, con idee chiare e sviluppate sapientemente.

Ci aspettiamo di ascoltare ben presto nuovo materiale da questo trio, che si sta inserendo come una delle migliori scoperte di questo 2023. In bocca al lupo ragazzi!

Voto: 8,5

 

I Brown and the Cosmonauts sono:

  • Simone Catena Brown: chitarra e voce
  • Rino Cacciapuoti: basso
  • Paolo Sabatini: batteria

Music by :

Brown and the Cosmonauts

 

Link:

Youtube: https://youtu.be/H8XBN0IPDvQ

Facebook: https://www.facebook.com/brownandthecosmonauts

 

Paul – Postrock

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Leonardo Serasini – Prendermi Cura di Te

Leonardo Serasini

Prendermi Cura di Te

Il cantautore e musicista Leonardo Serasini, si conferma sulla scena indipendente pop, con un nuovo capitolo delicato e artistico. La carriera personale dell’artista si inoltra in un intenso mondo raffinato, aprendo nuovi orizzonti sensuali e con una qualità notevole esprime al meglio il concetto di cura e protezione.

Il singolo nuovo si intitola “Prendermi Cura di Te” ed è senza dubbio, una fatica importante e di rilievo, che esplora una cultura suggestiva e preziosa, dove Serasini in chiave poetica, lascia un segno definitivo sul suo stile musicale unico. 

Il brano apre un orizzonte affascinante e orecchiabile, che incastra il groove corposo eseguito dal meraviglioso gruppo, che segue l’autore in questa produzione. L’armonia delicata della voce, si innalza sul testo soffice e ben scritto, il bridge poi si sposta in un’atmosfera dolce e il ritornello impeccabile esplode, su un passaggio solido e ritmato. Il valore che viene dato alla canzone, è il collegamento alle diverse culture e relazioni della vita, abbracciando un’emozione sincera e godibile. 

Il musicista realizza un’opera particolare, per dare una sensazione buona e lineare all’ascoltatore, avvolti da una luce sensibile e creativa. 

VOTO: 7

 

Leonardo Serasini – Prendermi Cura Di Te(2022)

Autoproduzione

Testo e Musica: Leonardo Serasini 

 

L.S.Q are: 

Voice and guitars: Leonardo Serasini

Bass: Rodolfo Valdifiori

Drums and Keys: Alberto Pepoli

Percussioni: Giacomo Rocchi 

 

Registrato da Leonardo Serasini presso “LeTerreDiOrStudio (Bologna) 

Registrato da Alberto Pepoli presso “Rio Studio” (Cesena) 

Mixing e Master by Alberto Pepoli 

Link Utili: 

° Bandpage Facebook: https://www.facebook.com/leonardoserasiniguitarman 

° Spotify: https://open.spotify.com/artist/7236OJX7zBxE55En4RnZqY 

°Soundcloud: https://soundcloud.com/leonardo-serasini

Simone – Postrock.it