DID A QUID
Eccoci tornati con la nostra ormai nota rubrica dedicata alle band nostrane. Oggi torniamo sui passi di un progetto passato sul nostro portale qualche tempo fa: loro si chiamano DID A QUID e arrivano con il loro nuovo prodotto chiamato Hawkwaves. I ragazzi ci regalano emozioni come sempre e già dal titolo creano curiosità. Immergiamoci subito!
I DID A QUID sono una band campana che si pone l’obiettivo di rivisitare brani classici derivanti dal rock anni ’70 in chiave psichedelica. Il loro primo album, dal nome JOY DISMISSION, si poneva l’obiettivo di esplorare le sonorita della dark wave anni ’80, per raggiungere nuovi traguardi nella psichedelia e nella sperimentazione sonora.
La band campana non si smentisce, e dimostra grande talento anche stavolta, regalandoci una serie ampia di brani, attraversando una delle decadi più importanti nella storia della musica psichedelica. Parliamo di un periodo fondamentale sotto molti punti di vista: assistiamo alla nascita dei sintetizzatori, nascono i primi grandi progetti sperimentali. Possiamo tranquillamente dire che le basi del genere postrock nascono proprio in questi anni.
La voce si sposa perfettamente con le sonorità ampie e profonde del brano, permeato da un certo sapore agrodolce, come d’altronde era la stessa band omaggiata dai nostri amici campani. Nel complesso un grande brano che ci fa subito drizzare le orecchie per i brani successivi.
I passaggi all’interno di questo lavoro sono molti, e non basterebbero due recensioni per analizzarli tutti singolarmente, quindi preferiamo fare una panoramica generale su questo lavoro molto interessante quanto valido.
I DID A QUID si riconfermano per la loro originalità, dimostrano di aver fatto un passo avanti in fatto di sperimentazione. Il loro obiettivo di reinventare i brani e gli artisti della storia della musica Rock funziona e convince.
Tra i brani che ci colpiscono di più segnaliamo sicuramente D-rider, che rimane stampata nella nostra mente per il bellissimo riff di chitarra iniziale, e Motorhead – Lemmy, che rievoca in noi sonorità aggressive e indimenticabili.
Anche questa volta noi della redazione di postrock.it ci sentiamo di fare solo una piccola critica, che già si era presentata nel caso della prima recensione: 20 brani sono a nostro parere troppi per una sola pubblicazione, e rischiano di far perdere valore a tanti brani che finiscono in sordina nella quantità. Perchè non dividere la pubblicazione in due volumi?
Nel complesso: Bravi! Aspettiamo nuovo materiale da recensire!
Voto: 7
LINK:
Paul – Postrock.it