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NITRITONO

EREMO
L’album “Eremo” inizia con dei suoni che ci immergono nell’apice del noise, fino all’ingresso della batteria. Un sottofondo di voluto rumore permane per tutto il tempo, corde che stridono, suoni che tremano e noi che tremiamo con loro. 

Un ripetitivo sound ansiogeno ci accompagna fino al minuto 2:49 circa, sembra che stia per esplodere qualcosa ed in effetti così è, non musicalmente ma ritmicamente. Entra qui una voce lontana, volutamente d’effetto, calda. Riparte un sound più aggressivo ma ancora ripetitivo, estenuante, ci confonde la mente.

Parte così “Samos”, dopo la baraonda finale del brano precedente: apparentemente più sobrio, introspettivo l’inizio.

Lento, cadenzato, un ritmo quasi visivo. Avanguardistica l’intenzione. La batteria anche qui fa da maestro, da indicatore. 

La chitarra la segue fedelmente in uno strumentale che sfocia nello psichedelico a tratti. Una conclusione sospesa che ci lancia nel brano successivo. Ci catapulta come se entrassimo in un varco spazio-temoporale.

E parte così “Passo di Terre Nere”. Un ingresso deciso, ci sentiamo dispersi in un territorio sconosciuto. Come se appunto, entrando in una nuova dimensione, ci ritrovassimo immersi in un mondo pericoloso, o comunque poco famigliare. Ci viene voglia di esplorare, guardarci attorno ma anche correre, fuggire, cercare un luogo sicuro. La calma apparente arriva al minuto 2:13. La chitarra ci annuncia che possiamo respirare un po’. La folle corsa sembra terminata, forse. Introspettivo, espressionista il taglio oscuro che riparte dal minuto 2:45.

Giochi di luci e ombre, forme sfuocate, vacue, contorni sbiaditi di personaggi neri come delle silhouette.

Ci chiediamo dove siamo e dove potremmo finire ancora, in questo viaggio assurdo e ansiogeno. Riparte la corda al minuto 4:20, questo mondo è davvero incomprensibile. Un grido anche questa volta di una voce in lontanaza, un eco si dissolve questa volta nelle nostre orecchie insieme al ritmo incalzante, tutto trema. Un terremoto di suono che rimbomba in una valle isolata.

Aborigeno l’intro di “Hospitales”, percussioni comandano nuovamente il brano, aumentano e rallentano la propria intenzione ritmica, uno squillo ci avvisa che sta arrivando dell’altro. Siamo pronti, all’erta al pericolo di una natura che ci affascina ma ci terrorizza. Guardinghi attendiamo la tigre pronta ad aggredirci ma non arriva. Un arpeggio di chitarra dolce ci tranquillizza per un po’.

Aspetto importante che ci assicura che il duo di Cuneo oltre alla fermezza del suono chiaro, possiede una dolcezza interiore che esprime al momento opportuno.

Una dolcezza che la natura incontaminata ci sa donare, quando vuole. L’esplosione riparte al minuto 3:45 dopo un fischio d’avvertenza.

“Bric Costa Rossa” ci dona la conferma di questo aspetto di una natura selvaggia quanto pacifica. In grado di darci quello di cui abbiamo bisogno, ma quando è lei a deciderlo. Non ci sono pretese.

La collaborazione con Petrolio ha dato vita all’ultimo brano “Cosa da Morte”. Un brano completo che rispecchia il genere, un brano che racchiude il senso di tutti gli altri. Noise, rumori che si trasformano in suoni e viceversa. Batteria che non guarda in faccia nessuno, va dritta come un treno in ogni suo movimento, protagonista indiscussa delle direttive del suono. La chitarra spesso tende allo psichedelico, riff ipnotizzanti, mantra che si ripetono incessanti.

Un album ha bisogno di forza, di grinta, anche di suoni grezzi… ma ha anche bisogno della calma che la Natura, musa ispiratrice del tutto, vuole donare a questo mondo.

I Nitritono riescono benissimo nell’intento, lanciandosi in un sentiero introspettivo ma anche emozionale degno di essere recensito positivamente.

VOTO: 8

 

LINK:

https://www.facebook.com/Nitritono

 

J. – Postrock