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Charun: “Mundus Ceneris”

viaggio tra le anime
Questo pomeriggio ho ascoltato “Mundus Cereris” dei CHARUN, quartetto postrock/postmetal di stampo strumentale.


 

Ho pensato che fosse sicuramente un lavoro degno di nota già prima di ascoltarlo, quando ho letto che il master è stato curato da James Plotkin (Amenra, Isis, SunnO))), Earth).

Ma mi sono detta… andiamo, non sono mica una di quelle che bada solo ai nomi, no? Ascoltiamo! E così è stato. Una conferma, fin dal primo ascolto.


Già il titolo dell’album, “Mundus Cereris”, fa riferimento ad un antico rito di tradizione romana e, da brava amante della storia e del latino, questo non può aver fatto altro che affascinarmi. Il “Mundus Cereris” è l’apertura del mondo in due spicchi, un’apertura che permette il collegamento tra le anime e le ceneri terrene, un’avvicinarsi alla luce tramite una vera e propria purificazione. E se iniziate ad ascoltare l’album mentre leggete le mie parole, in questa breve e personalizzata spiegazione sono sicura che troverete parecchie conferme di ciò che sto dicendo.

“Malacoda” inizia con quel suono buio, scuro, a tratti demoniaco. Quel sottofondo di voce elettronica che ti tiene incollato all’ascolto, un po’ come se stessi guardando un film horror, ma di quelli belli però, quelli senza splatter casuale. Quelli che, quando la canzone si apre totalmente, tra le stridenti chitarre come urli di anime dannate, ti sembra di vedere spiriti, fantasmi, spettri, il tutto in una dimensione forse parallela alla nostra. E non riusciamo più a capire quale sia il bene e quale sia il male.



Situazione che si rafforza e si fortifica con il secondo brano, “Mae”. Un tocco scuro, aggressivo, volutamente ripetitivo. Se dovessi trasformarlo in immagine, penserei ad un vortice di anime che continuano a girare, girare, forse sperare, in un vortice che sanno, sono coscienti, di essere senza meta. Una specie di girone dell’Inferno. E questa sensazione si prolunga per gli otto minuti della canzone che, per gli amanti del genere, non risulteranno mai troppo lunghi. Cadenzate le ritmiche a partire dal secondo minuto, un tocco doom che si sposa perfettamente con il genere. E’ intorno a metà del quarto minuto che la canzone si addolcisce, di alleggerisce quasi con delle armonie spezzate, mentre la ritmica ripetitiva lascia presagire un’esplosione a breve. Aumenta, aumenta sempre di più fino al settimo minuto, come un climax ascendente… e poi si placa, lasciando un senso di incompletezza.

Inizia così “Laran”, la terza traccia dell’album. Intorno al secondo minuto ci soddisfa a pieno, riempiendo le nostre orecchie di pura essenza post rock. Lanciandoci nel cosmo e nel vuoto a vorticare assieme alle anime, tra volute dissonanze arrabbiate che si placano al quinto minuto circa. Alterniamo questo senso di pace fittizia a quella che invece è l’ansia che ci crea questo viaggio burrascoso ed allo stesso tempo affascinante.

“Nethus” è un brano di puro ascolto che ho personalmente trovato molto affascinante. Ricorda lo scorrere del tempo, lo scorrere della natura, di una forza maggiore che non siamo in grado di controllare. Una forza maggiore che non sappiamo neanche identificare in qualcosa, ma sappiamo semplicemente che c’è, che esiste. Cauta la musicalità, cadenzata, sperimentale a tratti, tra effetti e melodie dolciastre.

“Menura” prosegue con l’intenzione di Nethus, melodie rese gentili e carezzevoli questa volta dalle chitarre, arpeggi delicati che ci accompagnano fino alla fine del brano, per quasi dieci minuti.

“Vanth” cambia radicalmente scenario, caotico, apocalittico. Qui si annusa facilmente un arrangiamento post metal più che post rock già dai primi secondi d’ascolto. Con le sue melodie distorte, personalmente Vanth è la mia traccia preferita dell’album, in quanto corona perfettamente il senso profondo di tutto questo viaggio della durata di circa quaranta minuti.

Un ascolto che consiglio a tutti gli appassionati del genere post rock con uno stampo un po’ più heavy del classico viaggio spirituale. Questo è un viaggio di natura differente. Da goderselo tutto.

Voto: 8.5

Membri:

Nicola Olla – chitarra
Valerio Marras – chitarra
Simo Lo Nardo – basso
Daniele Moi – batteria

TRACKLIST:

1.Malacoda
2.Mae
3.Laran
4.Nethuns (feat. Stefano Guzzetti)
5.Menvra
6.Vanth


Masterizzato da James Plotkin (Amenra, Isis, SunnO))), Earth), mixato da Nicola Olla al Blacktooth Studio (Drought, December Hung Himself), e registrato da Simo Lo Nardo, Nicola Olla e Daniele Manca al DIY Studio (Scornthroats, My Own Prison, Second Youth). Grafica a cura di Andrea Marcias.

LABEL: THIRD-I-REX (UK)

Contatti:

Facebook: https://www.facebook.com/charunband/

https://www.youtube.com/watch?v=OLeVSH782bI

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