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Super Fat Ginger Cat – MAW

Super Fat Ginger Cat 

MAW

MAW è un album suonato a volumi esagerati, ben studiato e con una passione incredibile al suo interno. Il trio mette in mostra una grande qualità musicale, che si culla dolcemente sui diversi generi musicali, lasciando una forte ispirazione e un barlume di speranza al nostro futuro.

I Super Fat Ginger Cat sono un trio molto interessante nato a Bologna, il loro sound energico inizia a muovere i suoi primi passi con jam session infinite e cariche di distorsioni. Nel loro primo album d’esordio Maw per l’etichetta italiana Grandine Records, il mondo distopico e allucinato della band, prende vita sopra ambienti caldi ricchi di psichedelia, creando un percorso introspettivo su atmosfere oscure e delicate. Infine le diverse influenze di ogni musicista si incastrano, su una realtà cosmica dal grande gusto personale, lasciando il segno in queste sette tracce, che toccano diversi stili musicali in modo eccellente.

“Uncle A” apre questo disco su un’atmosfera dormiente, per poi accendersi subito con una distorsione acida, che avvolge la linea vocale carismatica di Caterina Celano, che oltre alle doti vocali, si cimenta anche come chitarrista notevole, dal timbro aggressivo.

Il brano si sviluppa su un approccio sonoro vicino allo stoner, quello roccioso e formidabile, avvicinando l’ascoltatore a progetti storici del panorama underground, come Windhand e Royal Thunder. Da notare infine la lunga durata della traccia, che alterna paesaggi melodici a sfuriate ruvide, che tolgono il sonno. Un buon inizio che si arresta, nel finale carico di rabbia. Segue “Another Stoned Sunday” su un tiro noise rock e una ritmica spaziale, grazie al basso di Andrea Iacobucci e la batteria martellante di Marco Priori.

Sul cambio centrale delirante, si sposa alla perfezione un sussulto infinito che avvolge lo stile desert rock.

Stesso discorso vale per la seguente “Planet Fish” dove una carica incredibile si manifesta nel giro corposo del basso, fino alla dolcezza finale che rallenta la composizione.

“Efferalgun” invece accelera d’intensità il suo cammino, cambiando mood al disco con sonorità più spedite simil punk, mentre “Strangers” apre il paradiso sognante del trio su parabole cosmiche, avvolte da una desolazione arida e un’esplosione struggente nel finale. Verso la chiusura poi ci soffermiamo sulle bordate pesanti di “Eta Carinae” che con le sue chitarre leggere, agita la struttura a dovere sopra il rullante caotico e la distorsione graffiante. La linea vocale qui appare matura, come a voler narrare una storia personale.

Uno dei brani migliori del disco, che stordisce al suo ascolto e immerge il sound dentro un viaggio apocalittico.

Chiudiamo quest’opera suggestiva con lo stoner classico di “While True”, che a piccoli passi sofisticati, completa con precisione il disco.

Maw è un album suonato a volumi esagerati, ben studiato e con una passione incredibile al suo interno. Il trio mette in mostra una grande qualità musicale, che si culla dolcemente sui diversi generi musicali, lasciando una forte ispirazione e un barlume di speranza al nostro futuro.

 

VOTO: 7,5

Super Fat Ginger Cat – Maw(2021)

Grandine Records

Mixed and Recorded at Cabot Cove studio by Diego Castioni

 

Super Fat Ginger Cat are:

Caterina Celano: vocals and guitars

Andrea Iacobucci: bass

Marco Priori: drums

 

Link:

Bandpage Facebook: https://www.facebook.com/superfatgingercat

Spotify: https://open.spotify.com/artist/3KcFG0eH5vwSUCJUKwqU8s

 

Simone – Postrock.it

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Australasia – perdere

Australasia

Perdere

Il progetto Australasia è l’universo cosmico carico di effetti visivi del polistrumentista italiano Gian Spalluto.

La sua lunga carriera nasce nel 2012 con il primo full lenght Sin4tr4, il suo percorso come musicista, si impreziosce con la collaborazione preziosa di diversi artisti sulla scena underground post rock e mette in mostra storie vissute, pensieri ed esperienze personali che raccontano una fiaba meticolosa, sotto un cielo stellato da brividi.

Le sue composizioni narrano il mondo interiore dell’artista, che con l’insieme pazzesco di emozioni splende di luce incandescente in ogni sua opera, dal timbro quasi completamente strumentale.

L’influenza maggiore per artisti monumentali come Angelo Badalamenti e John Carpenter, rende il suo viaggio artistico una vera e propria colonna sonora, fino ad arrivare a tematiche più spinte e aggressive verso il blackened  post rock a tinte shoegaze, avvicinando le sonorità a band del calibro enorme stile Russian Circles e Slowdive.

Le melodie principali si spalmano, su un’infinità di passaggi distorti, avvolti da delay magnetici che portano alla scoperta di nuovi orizzonti più cupi e malinconici, narrando storie drammatiche o visioni nuove suggestive, cercando un buon compromesso orecchiabile e godibile.

Infine nei suoi brani   Gian si immerge in luoghi immaginari e boschi misteriosi, per un risultato notevole da lasciare con il fiato sospeso.

Dopo il periodo complicato per la musica inedita, soprattutto per i generi di nicchia più suggestivi. L’artista non perde lo spirito e lavora su un nuovo singolo “Perdere” prodotto per l’etichetta Goden Morning Sounds, che sarà l’apripista di diversi sogni struggenti da affrontare con la giusta speranza. Come un puzzle che prenderà forma nell’arco dei prossimi mesi, lasciando un gusto unico e delicato. Le diverse composizioni sono basate sul tema personale “Perdere e Ritrovare”, dove i problemi della vita e gli eventi negativi e positivi, trovano il punto d’incontro definitivo, che nonostante il periodo incerto, cercano di creare una nuova luce.

La struttura del brano è incentrata sullo studio attento della chitarra, che si alterna in cambi puliti e sensibili, a momenti più pesanti dove la distorsione spazza via qualsiasi cosa. Dentro questo nucleo caotico, troviamo anche una voce vintage con l’effetto RAT, che lancia segnali corposi e una batteria graffiante.

Le vibrazioni infinite portano l’ascoltatore in un ambiente dormiente, fino all’esplosione finale del caos stupendo.

L’artwork è curato dall’illustratrice Sara Fasolin e ritrae una gazza ladra, come simbolo d’innocenza e gratitudine, marchio presente anche nei diversi lavori dell’artista. Concludendo questo primo singolo ci lascia spiazzati, per tutta la sua durata e trasmette un incantevole bellezza ricercata.

 

VOTO 7

 

Australasia – Perdere

– Golden Morning Sounds –

Produced by Gian Spalluto

Recorded, mixed and mastered by Francesco Barletta at Last Floor Studio

 

Australasia are:

Gian Spalluto: Guitar,bass and synths

Giovanni Cilio: drums

 

Link Utili:

Bandcamp: https://australasia.bandcamp.com/

Facebook: https://www.facebook.com/australasiamusic

 

Simone – Postrock.it

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IQONDE – KIBEHO

IQONDE

KIBEHO

La prima traccia di “Kibeho” ci lascia subito a bocca aperta, con la citazione tratta dal film del 75 di Pasolini: “Salò o le 120 giornate di Sodoma”.

Dopo quel “Su, imbecilli, fateci vedere che siete felici! Avanti, ridete!” un agguerrito strumentale ci porta a comprendere il titolo della prima traccia, Ma’Nene, il rituale indonesiano che riesuma i morti.

Le sonorità sposano perfettamente l’ideologia del progetto, fondere frastuono, dissonanze, Caos, in un noise dall’aspetto primordiale unito al tocco mitico dell’Africa Nera.  

Le ritmiche tribali sono stata in qualche modo inglobate in sonorità caotiche molto lontane da quello che è un approccio folkloristico.

Il secondo brano si intitola “Marabù”, probabilmente il nome di un uccello coloniale che abita appunto l’Africa subsahariana.

“Kibeho” è un album di suggestioni. Un album di musica strumentale che tenta di pilotarci verso un ambiente, un habitat… molto lontano da quello che siamo abituati a percepire come nostro.

Edith Piaf è sicuramente un omaggio alla grande cantautrice francese. Dopo l’annuncio in lingua francese che ci permette di ricondurre il brano al titolo, inizia forse la più “melodica” tra le canzoni proposte.

Ed anche qui, un ennesimo gioco di suggestioni, di assaggi, di sapori, di emozioni che ci permettono di comprendere vagamente il messaggio, volutamente mai troppo chiaro.

“Leblansho” è la più lunga tra le tracce, ed anche la più misteriosa. Inizia con un’aura dark, anche qui giocano le sensazioni più che una mera etichetta che non renderebbe fede al percorso emozionale di questo disco. Il brano è un’evoluzione degli strumenti base che compongono il disco, ma è proprio la dimostrazione che a volte non occorrono mille suoni, mille effetti. Conta l’intenzione.

Gross Ventre  e 22:22 (con l’ennesima citazione dal film di Pasolini) ci accompagnano verso la fine di questo percorso, decisamente breve, che ci lascia con quel senso di vuoto di quando non vuoi che giunga la fine… ma la sentiamo arrivare dal finale dell’ultimo brano, che non ci lascia dubbio:

prima o poi inizierà un nuovo capitolo, di certo molto diverso dal primo.

Album e band consigliatissimi a tutti gli amanti della sperimentazione.  

Voto: 7

 

Link:

Bandcamp: https://iqonde.bandcamp.com/album/kibeho

Facebook: https://www.facebook.com/iqonde/

 

J. – Postrock.it

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GENTLE SOFA DIVER – OFF THE FISH TANK

GENTLE SOFA DIVER

Off The Fish Tank

 

Il progetto Gentle Sofa Diver, vede il polistrumentista Nicolò Baiocchi creare un vortice intenso di emozioni ricercate, con un grande gusto musicale che arriva dalle radici alternative rock anni 90.

Questo percorso si forma a Pesaro, su un aura delicata e nel suo insieme vengono inserite le diverse sonorità del musicista, che nel suo lungo viaggio sperimenta delle composizioni eccellenti e originali. Nel suo disco d’esordio Off the Fish Tank prodotto per l’etichetta milanese Non ti Seguo Records, il sound si spalma alla perfezione su un ambiente caldo e incredibile.

Il richiamo deciso a band monumentali come Smashing Pumpkins e Sonic Youth, impreziosiscono tutto questo primo lavoro, sfiorando anche percorsi nascosti, come il post rock e il noise.

Come primo singolo viene rilasciato “Self Sabotage”, dove le chitarre sognanti si aprono su un mondo sensibile, avvolti da un riff magnetico prezioso e dopo la carica energica sulla parte iniziale, dal nulla fa capolino la linea vocale ruvida e melodica. Un brano stupendo e godibile, che si chiude sul silenzio armonico.

Seguendo il giusto ordine, andiamo ad analizzare in modo impeccabile questa prima fatica. L’apertura amplificata di “That Dream I Made” prende vita su una chitarrina stile filastrocca, per poi esplodere su un tiro spedito e violento, la distorsione si abbatte su un muro sonoro notevole fino ad incontrare una voce narrante, che si culla dolcemente fino alla chiusura. “Rain” invece è una composizione morbida, dove l’arpeggio di chitarra delizioso si incastra al tempo macchinoso, della fase ritmica e la voce dormiente accende la luce su un luogo sensibile.

Procediamo il nostro cammino con la dolcezza strumentale di “Seaside Winter Postcard”, una suite piena di sussulti e richiami al noise d’avanguardia.

Mentre il paradiso delicato, continua il suo viaggio sull’opera “A World I Used to Know”qui il lavoro profondo viene messo in luce dalle qualità canore di Nicolò, che si lascia andare su un prezioso testo e una struttura incantevole. Nella parte finale la traccia accelera la sua corsa, fino al groove portante del basso e il feedback sonoro nel sottofondo, uno dei brani migliori di questo disco, per tutta la cura e l’emozione che trasmette.

Con “Control” la freschezza struggente, spinge il vortice graffiante su uno stile martellante, che lascia un’atmosfera vissuta su un passaggio ipnotico. Invece sulla seconda take strumentale “In the Fish Tank” il timbro della ritmica, subisce un cambiamento tecnico seguendo il tempo post rock, che avvicina l’ascolto agli scozzesi Mogwai.

Qui il riverbero unico delle chitarre, si lascia trasportare a dovere, all’interno di un passato dolce. Verso la chiusura ci soffermiamo su “Embrace” una piccola ballata, che brilla di luce incandescente e la nostalgia prende corpo nelle nostre vite, cercando di ritrovare quella sicurezza perduta da tempo.

Chiudiamo con il brano più lungo “Home” e i suoi paesaggi suggestivi, con una buona dose di voci bianche e fragili nell’aria, che portano la composizione a un livello superiore, per la sua conclusione incredibile.

Nicolò Baiocchi crea un mosaico geniale e orchestrale, dove le emozioni prendono il sopravvento su tematiche personali e storie vissute in silenzio. Lasciando libero sfogo a un percorso leggero, che al punto giusto lascia un segnale indelebile e infinito.

VOTO 7

Gentle Sofa Diver – Off the Fish Tank(2021)

– Non ti Seguo Records –

Mixed and Recorded by Nicolò Baiocchi

Link:

https://www.facebook.com/GentleSofaDiver

FACEBOOK: https://www.facebook.com/GentleSofaDiver
INSTAGRAM: https://www.instagram.com/gentle_sofa_diver/

 

Simone – Postrock.it

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Artichokes – Flashbulbs

Artichokes

Flashbulbs

 

Gli Artichokes giocano con il sound aggressivo e rabbioso, lasciando però il giusto timbro alle sonorità più orecchiabili, per un genere che brilla di luce immensa e racconta storie cosmiche.

Il trio imperiese post rock Artichokes, torna sulle scene con il secondo album in studio Flashbulbs per l’etichetta Re-Verb. Il mondo psichedelico e delicato che si crea al suo interno collega momenti di riflessione, per qualcosa di grande ispirazione da stravolgere le proprie vite. Il termine che la band descrive con questo nuovo lavoro, avvicina l’ascoltatore all’insieme di ricordi vissuti, su una memoria carica di esperienze personali e di incantevole fattura.

Se nel primo disco A Wish Is del 2015 si dava un senso di inizio a un viaggio sperimentale e elaborato, con questa nuova fatica le tinte strumentali ricercate aumentano di spessore, con distorsioni graffianti e varie sfumature avvolgenti.

Il risultato è un’opera incendiaria con ambientazioni eleganti e incisive.

L’apertura danzante di “Toska”, apre il suo percorso su un tiro energico e d’impatto. Il riff portante delle chitarre acide, si scaglia con violenza sulla ritmica da brividi e dopo la prima sfuriata iniziale, il riverbero stupendo del delay, si incastra al groove magnetico del basso e alla furia ruvida della batteria. Segue “Neurone(balla da solo e si diverte)” incentrato sul feedback di fondo cosmico, che ci proietta su un’atmosfera spaziale.

Il brano viene impreziosito nella parte centrale, con l’aggiunta di una tromba surreale e interessante.

Invece su “Lorda Orda di Androidi” il timbro ipnotico del basso, si cimenta su un tempo veloce e diretto. Nel vortice ripetitivo si percepisce una linea vocale amplificata, che narra qualcosa di misterioso e elettrificato. Poi nel finale tornano alla ribalta, le chitarre sporche e devastanti che chiudono un percorso sognante.

Sull’arpeggio delicato di “Possibile”,si avvolge la melodia particolare della voce preziosa di Anthony D’Aguì, su un testo maturo che narra un sogno ad occhi aperti. La composizione infine, si chiude con il cambio finale esplosivo.

Prima di arrivare all’atto conclusivo, ci soffermiamo sulla title track “Flashbulbs”, che racchiude a dovere tutto il paradiso meticoloso del trio, lo stile post rock prende il suo spazio sensibile sopra paesaggi stupendi, per una suite incredibile ricca di distorsioni importanti.

Chiudiamo questo viaggio sulle note dolci di “Alle Stelle” uno degli ultimi singoli rilasciati, anche qui la voce si libera leggera su una tematica struggente e corposa. Per una giusta chiusura a un disco roccioso.

Gli Artichokes giocano con il sound aggressivo e rabbioso, lasciando però il giusto timbro alle sonorità più orecchiabili, per un genere che brilla di luce immensa e racconta storie cosmiche.

VOTO: 7

Artichokes – Flashbulbs

– RE-verb –

Produced by Artichokes and Marcello Venditti

Recorded by Francesco Genduso at “Onda Studio”, Imperia, Italy
Mixed by David Rosati from “ACME Recording Studio”,Raiano(AQ). Italy

Artichokes are:

Anthony D’Aguì(Guitar-Vocals)
Andrea De Thomatis(Bass-Synth)
Lorenzo Lanteri(Drums)

 

LINK:

https://www.facebook.com/artichokesbandimperia

https://artichokesband.bandcamp.com/

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LongBlond – Lento is Dead

Longblond

Lento Is Dead

Lento is Dead è l’EP d’esordio dei Longblond, un 6 tracce di electro-rock e sperimentazione da assaporare tutto d’un fiato.

Questo assurdo duo padovano, che si nasconde dietro occhialoni giganti da snowboard, è formato da Max Doink (chitarra e seconda voce) e R.D. (batteria, voce ed elettronica) e si immette nel canalone nel panorama alternative con un EP potentissimo e poliedrico, arricchito da contaminazioni che vanno dal rock all’elettronica, dal funky all’ hip-hop.

Il loro sound, dal sapore estremamente internazionale, non è l’unica cosa che colpisce nell’immediato; l’attenzione ricade subito sulla tracklist e sull’uso di una sorta di “spanglish” nella stesura dei loro testi, ovvero un mix linguistico di spagnolo e inglese, che rende tutto così speciale.

Per rendere il loro esordio più dinamico e vario, la band ci regala quattro tracce cantate e una quinta totalmente strumentale. Il brano di chiusura invece fa da bonus track (o outro) e raccoglie frasi dal resto delle canzoni, mantenendole in sottofondo.

Analizziamo quindi “Lento is Dead” traccia per traccia.

DARK CITIES, brano che fa da apripista, ci dichiara immediatamente l’intenzione di questo EP. La chitarra possente e la ritmica incessante creano un’atmosfera al limite del dark, spingendo il brano verso un rock dalle tinte new-wave. L’immagine che si materializza nella nostra mente è quella delle grandi città, tetre e oscure, ritratte vuote, grigie e spente, prive di fascino e attrattive, come delle inutili TV. Dopo aver ascoltato Dark Cities è impossibile non aver voglia di andare avanti.

UNDERSTAND NADA è il primo titolo “spanglish”; è un brano dedicato agli ignavi, a tutte quelle persone che non hanno opinioni proprie e che non prendono mai posizione.

La voce è la colonna portante di tutto il pezzo, forse il più bello di tutto l’EP. Un potente mantra che rimane impresso nella mente.


ROCK’N’ROLL SERVICE è una scarica di adrenalina. Questo brano è una spassionata dichiarazione d’amore alla musica, alla sua capacità d’espressione, al bisogno di alzare il volume al massimo. Non a caso è la traccia più Rock’n’Roll di tutto l’EP.

LENTO IS DEAD, la title track, è un pezzo praticamente metal. Dopo la boccata d’aria di Rock’n’Roll Service, il duo ritorna ad un’ambientazione più oscura e musicalmente massiccia, per poi sconvolgere l’ascoltatore con una sorta di hip-hop, con parti rappate e scratchate. Il ‘Lento’ a cui fanno riferimento è definibile come uno stile di vita vecchio, andato, ormai superato dalla contemporaneità, dalla velocità dei tempi moderni. ‘Lento’ è usato anche per intendere le classiche “ballad”, eterne forse una volta, ma anch’esse ormai superate e passate di moda. Detto in parole povere: SPAZIO AL NUOVO!

BAD FIESTOS è un brano strumentale, nato appositamente per creare un taglio netto con tutte le tracce precedenti.

La parte “sperimentale” del duo si concretizza attraverso atmosfere eterogenee: da una parte c’è il romanticismo, delineato dai fiati, dall’altra l’aggressività data dalla distorsione.

RIO FANTASMA è la traccia che chiude questo EP. Ci immergiamo in un brano completamente elettronico, che presenta un giro di chitarra in loop e parti di batteria elettronica che cambiano durante tutta la durata del pezzo. Suoni particolari ed effetti aggiuntivi arricchiscono questo brano, facendo da cornice ad un tappeto vocale in cui vengono inserite frasi estratte dai brani precedenti.

La parola d’ordine per definire Lento is Dead (per quanto si possano dare delle definizioni in questo caso) non può che essere “eclettico”.

I Longblond suonano un rock pesante e frenetico, a tratti aggressivo, fatto di chitarre e synth che si sposano perfettamente e conducono l’ascoltatore in questa sorta di viaggio distopico. Ritmi accelerati, muri di fuzz, loop elettronici, scratch improvvisi, sono tutte caratteristiche che regalano spessore e particolarità ad un progetto che quasi quasi ci fa dimenticare che ci troviamo di fronte ad un duo.

Voto 7


Longblond – Lento is Dead / 2020 [Autoprodotto]
Registrato e mixato @Lignum Lab Recording di Villa del Conte (PD) da Massimo Berti (Ceo Mass)
Pubblicato il 30 Novembre 2020
Formato digitale e Cd
Special guests: Ceo Mass ai cori; Dj Einstein: parti originali di scratch

 

VIDEO

“Dark Cities” https://www.youtube.com/watch?v=yAEYSVBciRQ

“Rock’n’Roll Service” https://www.youtube.com/watch?v=uuIZdAkknMQ

 

SOCIAL

Facebook https://www.facebook.com/longblondband

Instagram https://instagram.com/longblondband

Bandcamp https://longblond.bandcamp.com/releases

Youtube Channel

https://www.youtube.com/channel/UC0MsjD4f0U-0Vo5VKT13Pnw

Uffico Stampa: EDP [email protected]

 

Giorgia – Postrock.it

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Drovag – Toxin

Drovag

Toxin

Drovag è il progetto solista del musicista Alessandro Vagnoni, uno degli artisti più carismatici e attivi sul panorama underground italiano.

Attualmente milita in band importanti e di spessore come i Bushi e Bologna Violenta, prestando la sua tecnica sopraffina come batterista. Infine in quest’ultimo periodo, si è immerso totalmente in un nuovo collettivo abruzzese i The Breakbeast per un’insieme di viaggi sperimentali e jazz fusion da brividi. Questa nuova creatura invece nasce come one man band, dal forte impatto sperimentale, dove il musicista si cimenta sull’insieme di sonorità diverse e di rilievo, spaziando il suo mondo visionario dal rock, al synth pop, per poi passare alla psichedelia e viaggi cosmici a tinte elettroniche. Il risultato è un disco roccioso e intenso, il titolo che esce fuori è Toxin, prodotto per l’etichetta inglese All Will Be Well Records.

L’album viene interamente studiato e prodotto sotto il periodo di fermo, causato dalla pandemia, dove Alessandro, con grande cura riporta alla luce composizioni composte nel passato, per un risultato importante.

Con l’apertura ipnotica di “So Hard” si capiscono da subito le intenzioni precise del compositore, che avvolge il suo mondo psichedelico, dentro un ambiente caldo e personale. La linea vocale segue uno stile dark new wave e la drum machine regge una dinamica corposa. Segue “Cinéma Vérité” dove le sfumature melodiche, si spostano sul tiro electro rock, sembra di ascoltare qualcosa di vissuto stile Peter Gabriel.

Nel vortice temporale del brano la chiave ritmata, si sposa alla perfezione con il synth spettrale.

Lo stesso timbro maturo viene affrontato su “Dress Code” per una sinfonia teatrale, qui le ambientazioni oscure si incastrano a un tempo ritmato, che a tratti si distorce nei vari cambi. Su “Surface” invece l’atmosfera si tinge di sonorità complesse, con un piccolo passaggio virtuoso sulla linea vocale. Il synth crea un’opera preziosa e si inserisce nel modo giusto. Nell’universo parallelo di “Housekeeping” le vibrazioni graffianti e orecchiabili, innalzano il percorso duro e surreale, affrontato nell’ultimo periodo, come a voler narrare qualcosa di strano e fuori da ogni schema.

Mentre sulle note al cardiopalma di “Her Last Meal” unica composizione strumentale del disco, torna a splendere il paradiso ricercato, con una buona dose di elettronica vintage.

Sulla title track “Toxin” la preziosa collaborazione al sax tenore di Sergio Pomante è stupenda. Il brano si impreziosisce con il percorso suggestivo di quest’ospite, su un sound orientale magico. Il pianoforte delizioso di “Put YourSelf Aside” invece apre una suite delicata, per un sogno ad occhi aperti. La chiusura dell’album viene affidata a due tracce diverse e grottesche tra loro “Voices” e “Shutter” dove la visione enorme e la cultura musicale pazzesca di Alessandro, chiudono in modo superiore questo disco.

Una produzione interessante e originale, dove la dimensione si colora d’infinito lungo tutta la sua durata. Il suo ascolto si presenta sicuro e con una qualità internazionale, la realtà subisce i suoi mutamenti nei diversi stili musicali, per un lavoro unico e magnetico.

VOTO 7

Drovag – Toxin(2021)

– All Will Be Well Records

Mixed and Recorded by Alessandro Vagnoni (Plaster Productions)

Link:

https://www.facebook.com/drovag

https://allwillbewellrecords.bandcamp.com/album/toxin

 

Simone – Postrock.it

 

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You Nothing – Lonely/Lovely

You Nothing

Lonely/Lovely

 
You Nothing – Lonely/Lovely. Il progetto You Nothing da Verona fa il suo delizioso esordio sulla scena indipendente, con un disco carico d’emozione e di sonorità ricercate.

Il quartetto molto giovane spazia il suo sound in composizioni fresche e delicate che oscillano tra lo shoegaze, per poi passare a passaggi malinconici vicini al dream pop e riff taglienti verso il post punk d’avanguardia. Ritagliando un grande impatto sulla scena underground del momento.

Nel loro mondo sospeso le tematiche affrontate sono molto estese, per un viaggio alla scoperta di paesaggi nuovi e nascosti che toccano esperienze personali.

Soprattutto evocate dalla cantante Gioia nel suo percorso interessante come musicista. Il disco che ne viene fuori dal titolo Lonely/Lovely prodotto per tre diverse etichette di spessore (Floppy Dischi,Non ti Seguo Records e Dotto). Sposta gli equilibri in qualcosa di maturo e di grande fattura, nei primi singoli “Waves”,”Reflectie” e “Gazers” ascoltiamo da subito le ottime intenzioni della band con idee molto chiare. Il risultato è una perla da tenere d’occhio godibile e originale.

Ma andiamo in ordine con l’apertura veloce e spedita di “Identity”. Il riff portante della chitarra sprigiona una carica invidiabile e si incastra alla linea vocale incantevole. Un brano energico in perfetto stile indie/post punk che sul bridge finale esplode con un tiro corposo fino alla chiusura preziosa. Segue uno dei primi singoli “Reflectie” e il suo timbro sensibile che si culla dolcemente sull’arpeggio meticoloso per poi prendere il giusto ritmo su arcobaleni infiniti di un cielo stellato, verso il passaggio finale si accelera di poco la struttura.

Con l’altro singolo incandescente “Waves” si torna in modo impeccabile sulle sonorità sporche e taglienti, seguendo sempre la giusta atmosfera leggera e spensierata.

Qui il testo scorre in maniera perfetta come a voler raccontare giornate vissute sulle onde del passato. Proseguiamo il percorso per immergerci nell’adrenalina di “H.Y.E” e il basso ipnotico che con la sua distorsione macchinosa  ci porta alle influenze di band devastanti come Buzzcocks e i recenti Fontaines DC. Il brano si innalza nell’aria in modo eccellente, per un vortice di vibrazioni incredibili.

Su “Sonder” invece ci avviciniamo a sonorità più new wave con la qualità vocale sempre all’altezza, per un ambiente che si fa sempre più caldo tendendo al pop classico. Il ritornello orecchiabile si immerge nei cambi sfrenati della fase ritmica fino a chiudersi nel silenzio. La carica danzante torna in modo deciso sul riff ruvido di “Problems” per una traccia semplice con uno studio approfondito nei vari cambi che si agitano all’interno di una festa rumorosa. Verso la chiusura ci soffermiamo sulla drum machine interessante di “Closer” qui il paradiso sognante della band si abbandona nel paesaggio incantato su uno stile anni 80 da pelle d’oca. Infine chiudiamo con “Gazers” uno degli ultimi singoli incendiari, le chitarre tornano a livelli pazzeschi per spostare lo schema in una composizione stupenda e ben realizzata.

La band You Nothing si presenta al mondo con un disco importante, dove i vari passaggi si colorano d’immenso creando un lavoro nuovo da ascoltare con grande attenzione. Speriamo di vero cuore che tutto questo sia solo l’inizio di una carriera luminosa.

 

VOTO 7

 

 

You Nothing – Lonely/Lovely(2021)

 

– Floppy Dischi,Non ti Seguo Records,Dotto –

 

Mixed and Recorded by Michele Zamboni

 

 

 You Nothing are:

 

Gioia Podestà: vocals

Federico Costanzi: guitars

Giulia Cinquetti: bass

Nicola Poiana: drums

 

 

Link:

https://www.facebook.com/younothingband

 

 

Simone – Postrock.it

 

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Those Noisy 3 – Hard Edge

THoSE NOISY 3

HARD EDGE
Those Noisy 3 – Hard Edge, ci presentano un album diretto, pulito e potente che emerge dalle nostre casse e ci regala momenti di carica e di adrenalina vera
Ci sono momenti in cui sento il bisogno di sentire musica tirata, diretta, senza troppi giri di parole. Con mia grande fortuna, sono arrivati in mio soccorso i Those Noisy 3, con il loro nuovo lavoro dal titolo Hard Edge.

Luca Detto (chitarra) e Giorgio Cuccurugnani (basso), ragazzi con  trent’anni di esperienza alle spalle con altri progetti (con Pizza Coffee ‘n’ Smash TV, Magazzini della Comunicazione, Insil3nzio – per citare alcune delle band che li hanno visti protagonisti) incontrano il giovane talento Stefano Rutolini, batterista con un considerevole curriculum di tournée in Italia ed Europa ed altre collaborazioni occasionali con band dal calibro internazionalmente riconosciuto quali ad esempio Storm{o}, Baphomet’s Blood e Thomas Silver degli Hardcore Superstar.

Come suggerisce già il nome della band, stiamo parlando di un progetto pieno di energia.

“Quei rumorosi 3” se volessimo dirla all’italiana, quasi fossero i protagonisti di uno spaghetti western. Eppure questi ragazzi nascondono dietro ad un nome quasi giocoso una densità sonora degna di nota, che andiamo subito ad esplorare.

1 – The One. Apriamo le danze, e subito si sente l’esigenza di muoversi, di seguire il riff psichedelico di chitarra, a cui subito segue un denso ritmo di percussioni. Il brano è ipnotico, ammaliante, poi dopo 40 secondi si entra nel vivo del brano. Si sentono urla, sembra di assistere ad un live. L’energia è altissima. Il basso spicca, è un power trio e sanno sfruttare ogni sfaccettatura di questa formazione. La batteria è intensa, sincera, originale.

2 – Gold Finger. Il brano inizia con delle martellate, il suono sembra voler tirare giù lo stereo. Il gioco altalenante di Forte/Piano qui è la carta vincente, che ti fa gustare ancora di più il momento di esplosione sonora che segue, soprattutto sul finire, dove il gioco ritmico esprime il suo momento migliore.

3 – Bantu. Il gruppo non molla il pedale dell’acceleratore. C’è qualche secondo di preparazione, sentiamo crescere l’intensità, sentiamo che si stanno preparando. E infatti eccolo, il riffazzo potente che esplode ancora più potente.

Il basso qui si presenta a tratti sporco, un bellissimo suono che ci ricorda un pò le band Grunge/Hard Rock degli anni ’80/’90. Nel complesso un gran bel pezzo.

4 – Listen Repeat. Proprio come il titolo, questo brano non si vorrebbe mai smettere di ascoltarlo. Il nostro giovane batterista si lancia in una dimostrazione di quelle che sono solo alcune delle sue grandi capacità, come il cambio di dinamica, di intensità, le elaborate ricerche ritmiche, le esplosioni nei punti giusti. Tutto va nella direzione giusta, noi ascoltiamo e muoviamo la testa con convinzione.

5 – Blast. Un pezzo che rivela tutta la sua intensità in solo due minuti. Potente, psichedelico, quasi mantrico. La chitarra qui è importantissima, dirige gli altri due strumenti parlando, urlando, gemendo, tirando fuori tutto. Sembra voler vomitare note, una dopo l’altra.

Questi tre ragazzi proprio non ne vogliono sapere di stare in silenzio, e devono urlare tutto quello che hanno dentro. Questo brano ne è la prova. Davvero molto bello il cambio di tempo sul finire della canzone.

6 – Drop. I ragazzi si fermano, respirano, e ci dimostrano di saper spiccare anche nelle sonorità più riflessive. Il basso tiene alta la tensione, ma il suono morbido di chitarra ci fa sognare, rendendo il tutto più introspettivo. Ma è solo un momento, un battito di ciglia, e poi eccoli li, di nuovo sulla cresta dell’onda, sul muro sonoro, senza alcuna intenzione di scendere anche solo di 1 decibel.

7 – Holy. Un gioco interessante di effetti sonori applicati ad un brano che dimostra e riconferma ancora una volta la bravura e l’originalità di questi ragazzi che oltre a “spaccare” sanno fare lo cose in un certo modo. Le ritmiche anche qui non sono mai scontate, le armonie di chitarra si distinguono, i suoni sono grezzi, ma anche definiti, il basso riveste un’importanza fondamentale nella trasmissione del messaggio all’ascoltatore, e riempie l’aria di sonorità che scaldano l’aria e ci fanno venire un’immensa voglia di concerti dal vivo.

8 – Duke. Qui si cavalca. The 3 Horsemen li potremmo chiamare. Ce li immaginiamo a cavallo, come 3 cowboys, all’inseguimento dei pellerossa come nei film di Hollywood. Un’attimo di calma, forse un appostamento prima del combattimento, e infatti eccoli che si lanciano all’attacco, sfoderando le loro armi.

Un interessante dialogo di chitarra ci porta a metà brano, poi si ferma tutto… un’attimo di suspence. Ma è solo un’attimo, non fatevi fregare. Eccoli che tornano a cavalcare, verso la metà, verso la chiusura del brano.

9 – Vicious Circle. Torniamo a parlare di psichedelia, sentiamo dei suoni sperimentali, il basso si lancia in campi non ancora esplorati, dimostrando una grandezza e una bravura artistica non indifferenti. La maturità è notevole, e si fa sentire anche nei più piccoli accorgimenti. Il power trio sa essere diretto, sincero, ma anche attento ai particolari, creando qualcosa di potente ma al contempo originale.

10 – Itch. Siamo alla fine di questo lavoro, ma i ragazzi decidono di darci il colpo finale. Questo brano eccelle per complessità ritmica. La batteria è solo una parte di un gruppo fatto di Groove e interessanti giri armonici. In questo brano apprezziamo particolarmente la scelta di fondere la dinamica con l’armonia, la chitarra spesso porta avanti il brano quasi fosse uno strumento ritmico. Il basso frigge, è cattivo, è potente.

Nel complesso davvero un ottimo progetto, che ci auguriamo di sentire al più presto con un nuovo lavoro. Vi aspettiamo ancora ragazzi, sempre caldi e potenti!

VOTO: 7,5

 

BAND:

Luca Detto (chitarra)

Giorgio Cuccurugnani (basso)

Stefano Rutolini (batteria)

 

ETICHETTA:

Anger Music Ltd.

 

LINK:

https://www.facebook.com/thosenoisy3/

 

Paul – Postrock.it

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Vibes Speak Volumes – Open your eyes Never wake up

Vibes Speak Volumes

Open your eyes Never wake up
Un disco da tenere d’occhio per un genere di nicchia non sempre facile da capire, i ragazzi di Perugia mettono su un grande insieme di ricordi con una precisione superiore avvolti da una bellezza senza precedenti.

Il progetto Vibes Speak Volumes è un interessante duo strumentale, nato a Perugia nel 2018 formato da Tommaso Angelini e Gennaro Accardo. Durante il primo periodo di attività si concetrano sullo studio approfondito dei primi brani, che danno luce al primo Ep di debutto Open your eyes Never Wake Up un lavoro discografico eccellente, carico di emozioni infinite e vibrazioni notevoli. Il paradiso sperimentale e personale che viene fuori in questa piccola opera, lascia un segno indelebile per palati sopraffini e per un ascolto godibile che ti entra nel cuore. I due musicisti spaziano le loro sonorità oltre nuovi orizzonti, fino a toccare corde sensibili per un risultato ottimo e ben suonato.

L’artwork viene curato da due illustratori visionari David Ferracci e Manuel Negozio, mentre la produzione in fase di registrazione viene affidata a Marco Sensi, che collabora anche con il synth all’interno del disco.

Il tutto nel formidabile studio Piccio’s House di Assisi. Per rendere ancora più interessante il suono in fase di studio si inserisce una fase ritmica del basso diretto da Claudio Torroni.

Veniamo allo studio magnetico di questo lavoro con l’apertura di “Who Am I” dove arcobaleni colorati si incontrano con il loop temporale, per una magia incredibile da brividi. L’arpeggio delicato in perfetto stile post rock, si incastra alla batteria che esplode su un tappeto sonoro stupendo. Sembra di ascoltare un brano della band americana This Will Destroy You, soprattutto per lo studio attento del delay che aumenta il suo spessore. Segue il sensibile ingresso di “So Close So Far” che a piccoli passi prende vita su un paesaggio innevato, come un ricordo dolce e importante che arriva da molto lontano.

Il bridge centrale è un passaggio preciso che si chiude con distorsioni di spessore. Nel brano “Where Am I” invece si innalza uno stormo luccicante di sonorità, impreziosito dal synth che porta un tempo deciso, con la chitarra sognante la traccia prosegue il suo cammino nel tiro carico di bellezza e il pianoforte completa l’opera fino alla carica energica del finale.

“Rebellion” è una delle composizioni più belle, con il suo riff graffiante iniziale da pelle d’oca che culla dolcemente la sezione ritmica del basso su un vortice ipnotico e la qualità enorme del chitarrista, che qui si cimenta anche su passaggi vicini al post metal. Il brano ad ogni cambio cresce d’intensità per una suite stupenda. Chiudiamo questo piccolo lavoro con “Am I Living” dalla durata lunga che non annoia il suo ascolto, spingendo le sonorità in qualcosa di maturo che tocca nel profondo. La cavalcata ritmata si unisce alle melodie meticolose dell’ambiente caldo che si sveglia da un brutto incubo, fino a spegnersi nei rumori di fondo.

Un disco da tenere d’occhio per un genere di nicchia non sempre facile da capire, i ragazzi di Perugia mettono su un grande insieme di ricordi con una precisione superiore avvolti da una bellezza senza precedenti.

VOTO 7

Vibes Speak Volumes – Open your eyes Never Wake Up(2018)

– Autoprodotto –

Mixed and Recorded by Marco Sensi at Piccio’s House (2018)

Vibes Speak Volumes are:

Tommaso Angelini: guitars

Claudio Torroni: bassist

Gennaro Accardo: drums

Marco Sensi: Synth

Artwork by David Ferracci and Manuel Negozio.
Graphics by David Ferracci

LINK:

https://www.facebook.com/vibespeakvolumes

 

Simone – Postrock.it